domenica 27 aprile 2014

'I Magnifici Cornuti'

Pare che Freud, Jung e anche il mio preferito, Otto Gross, abbiano elargito  tempo all'osservazione del mondo animale, che avrebbe trovato poi il suo più grande esploratore nel loro compatriota Konrad Lorenz, nato successivamente e troppo giovane per potersi involvere con i tre psicanilisti.
Già Aristotele e successivamente Plinio il Vecchio avevano rilevato che il comportamento animale  contenesse dei parallelismi con quello umano.
 In seguito i bestiari medievali -tralasciandone la doverosità morale e i suggerimenti biblici-  avevano regalato una descrizione metaforica, e non solo, del mondo animale : dal leone, rappresentazione del  Cristo animale, al leopardo, ai rettili e ungulati, e delle creature mitologiche, come draghi, grifoni, unicorni.
Naturalmente, questi testi, più apprezzati per la bellezza delle miniature che per i contenuti, possiedono soprattutto elementi di superstizione, legati all'oscurità della foresta e ai pericoli che si presentavano sotto le sembianze dei suoi dimoranti  selvaggi.
L'osservazione del mondo animale è comunque -come osservò il grande Lorenz- uno studio più che complementare della natura umana.
Noi li chiamiamo animali, loro non sappiamo come ci chiamano: certamente i miei gatti dopo una settimana senza cibo umido mi chiameranno' Xcfghtrub!!!', che nel loro codice significa 'grandissima stronza'.
Ma parliamo dei cornuti.
L'origine del termine è contradditoria:c'è  chi parla di un imperatore bizantino che quando desiderava una donna ( un po' come l'ius primae noctis) ne faceva imprigionare il marito, poi,  dopo averla avuta, lasciava trofei in segno di disprezzo, fra cui  alcuni con grandi corna.
Chi racconta degli Arabi in Sicilia che, durante le  battute al cervo, chiedevano ospitalità ai campagnoli, un full board particolare che includeva la mugghiera...e che per ringraziare lasciassero alcuni dei loro trofei di caccia.
C'è chi dice che la capra femmina sia particolarmente zoccola e che il termine derivi da 'becco' ,il maschio della caprettina smaniosa ( mi sovviene una posizione tipica per le cosiddette 'quickers' ).
 Esistono molti animali  con le corna- dalla timida lumaca che sa bene come dissimularle al crotalo cornuto che se ne cruccia,alla mucca che non se ne cura,  allo stambecco che si sfoga col movimento; quindi, esistono i cornuti maestosi, quelli e quelle che come i cervi nobili arrivano ad abbelire le proprie corna, così per chi è al corrente, diventano una vera opera d'arte, come il cervo che appare a De Niro al suo rientro dal Vietnam.
Osservando questa specie animale, notiamo una differenza tra il cornuto maschio e la femmina, che  la natura ha reso priva di corna nei cervi, ma non per questo meno magnifica.
Il maschio è felice, soddisfatto, come se avesse ricevuto dal mondo intero un expertise  per l'autenticità della regale corona di cui in realtà non sa nulla.
L'atteggiamento tipico  di un Sansone che abbia una ramificazione regale sopra la già mitica chioma.
Sono splendidi, i magnifici maschi, allegri e pieni di sorrisi, fedeli e adoranti e come il vero cervo nobile si adornano le corna per attrarre l'attenzione dell'adorata compagna verso la quale non nutrono il minimo sospetto.
Probabilmente se la trovassero  incorniciata tra una parete di roccia e le zampe anteriori e posteriori di un altro cervo, penserebbero che ne stia preventivamente valutando la solidità con l'aiuto di un buon amico.
Altra costante del magnifico maschio è quella di aver quel copricapo imperiale grazie all'amico del cuore, o un cognato, o in casi storici, il proprio fratello,padre,figlio (vedi Carla Bruni con Enthoven )
La fortuna di questo esemplare è quella di vivere, molto spesso, in questa condizione di beata narcolessia per tutta la durata del suo matrimonio o unione, a meno che non arrivi un De Niro meno compassionevole e che decida di far partire 'un colpo solo'.
Diversa è la magnifica femmina, che per l'appunto non ha evidenti ramificazioni ossee.
Al contrario del 'cornutone -che pè stà via mò te ne vai' come cantavano i grandi Squallor- la femmina racchiude in sé un 'aggressività motoria e verbale, oltre ad un 'altezzosità  genere Queen Elizabeth II e diva  sul tappeto rosso.
La bellicosità è sia  innata che situazionista.
La magnifica cornuta simula con un 'autoaffermazione sfrenata, mascherando la frustrazione e l'insicurezza con ostilità fisica nell'atteggiamento, e con una serie di azioni atte a nascondere la reale componente del comportamento, dettata appunto da dubbio ed incertezza, di qui il tentativo di alterigia, di cercare di sollevarsi al di sopra delle altre.
Eccola quindi poco sorridente al contrario del magnifico maschio,  combattere contro la continua presenza dei nemici.
Attenta osservatrice, rinuncia ai piaceri della vita per opporre il proprio controllo e mostrarsi regalmente superiore , neutralizzando il possibile avvicinamento di una situazione ostile.
La sua femminilità può trasformarsi in quella di John Wayne quando l'insIcurezza è ridestata e portata al massimo della tensione per l'avvicinarsi di una o più femmine che sono carne e sangue da eliminare.
Ed è allora che la magnifica cornuta si rende parente del maschio, con una differenza: il bramito del maschio è una risata, quello della femmina un urlo.
Una buona cosa sarebbe se i due magnifici si incontrassero, ma è impossibile: sono due rette parallele, due destini paralleli.L'immaginaria coppia perfetta che non può esistere perché la natura è tanto perfida ma giusta da non consentirlo.
E io quale animale cornuto sarei?
Perché quasi tutti ce le abbiamo e in molti le abbiamo fatte, anche chi ha deciso di accoppiarsi con un 'entità superiore non è detto sia dispensabile né dispensato dalle corna.
Probabilmente sono stata, sono e sarò una vongola, che allunga le antenne sottili quando avverte odore di salto in padella.
Certamente preferisco  una cospicua quantità di corna vere, fisiche, laboriose ad un solo , piccolo infinitesimale pensiero adultero, lasciato in sospeso.
Molto più degradante per chi lo subisce, molto più vile per chi lo compie.




martedì 22 aprile 2014

Che fine ha fatto Anna Karenina ?

''Nella chiesa c'era tutta mosca,tra parenti ed amici.E durante il rito nuziale, nella chiesa illuminata a giorno,fra le donne adornate,le fanciulle e gli uomini in frac e cravatta bianca e in uniforme,non veniva mai meno un discorrere convenientemente sommesso...'' 
Questo veniva descritto da Tolstoy e pubblicato nel 1877.
Anna Karenina, la storia dell'amore tormentato della donna sposata che lascia la famiglia e si perde nello scandalo.
Ma innanzitutto la relazione dettagliata e genialmente cinematografica di un mondo che sembra non essere mai esistito.
Quanti anni sono passati? Poco più un secolo e mezzo.
Ma non è reperibile alcuna traccia di quel mondo.
Forse nelle campagne, dove da sempre ha regnato l'ingiustizia  per  sfamarsi e non crepare, per poter continuare a lavorare.
Forse lì esiste una traccia, una reminescenza. La versione più povera della realtà.
Un capovolgimento storico, quello del '17, che ha generato un mondo oscuro, una popolazione impenetrabile, ricchezze incalcolabili sparse a chiazze e buchi di povertà immensa, ed un esercito di robot, non per nulla rabot in russo significa 'lavoro'...

Le sovversioni storiche non si contano, soprattutto quelle in cui sono venuti al potere regimi militari o  comunisti: tralasciando il medio oriente che è una bolla d'aria che scorre nelle arterie di questo pianeta, penso a Cuba, Venezuela, a tutto il blocco assorbito dall'Urss dopo il patto di Varsavia -non cito la Corea del Nord perché ne ha offerto già un 'ampia descrizione il nostro senatore Razzi paragonandola fiscalmente,politicamente e socialmente alla Svizzera verde.
Ora, nutro una particolare simpatia per el Lìder maximo, a lungo in prima linea nelle foreste cubane con il Che.
Forse perché in tutti questi anni Cuba è tuttora una fastidiossima pagliuzza di carciofo conficcata nella gola leviatana del blocco Usa, che se lo merita.
Forse perché è un militare che non ha mai esulato dal suo ruolo, come altri hanno fatto altri 'liberatori fittizi', regime all'esterno,bordello a palazzo.
E perché il suo film preferito è Vatel, e ho trovato straordinario che un uomo come lui, molto austero e licurgico, abbia apprezzato il contrario della sua concezione governativa.
Ad ogni modo, cubani, venezuelani, cechi, ungheresi, polacchi e gli altri popoli che non sto ad elencare che hanno subito una vera e propria sopraffazione istituzionale sono rimasti gli stessi.
Riavuta la libertà,smessa la divisa carceraria si sono rimpossessati della propria .
Ma cosa è stato della Russia di poco più di un secolo fa? Cosa ne è stato dei russi? Chi sono questi che per dileggio comprano non solo squadre di calcio, ma pezzi di mondo per riadattarli alle loro monomanie e fissazioni?
Una su tutte l'ossessione per il nuovo.
Se un russo compra un palazzo veneziano state certi che lo trasformerà in un simil store dell'Ikea, ovviamente con pezzi di modernariato costosissimo.
(L'antique deve essere  contagioso,  trasmette  malattie,  da uno scrittoio Luigi xvi possono uscire tarli e blatte?)

Tra le altre ubbie, la metodicità grigia con cui compiono gli stessi diversivi, attenzione, non parlo di doveri né di lavoro.
Stessi ristoranti,  stesso tavolo, stessi alberghi, stesso vino, stesso ormeggio in rada.

Per non parlare della voracità con cui si affannano ad avere in tavola tutte le portate allo stesso momento.
Tutto, subito e presto, caldo e freddo, insieme, lasciando sulla tavola orrori simili a squadroni  macellati su un campo di battaglia.
E ancora, comperare, comperare ma lasciare tutto intonso, inusato, nuovo.
Comperare per avere.
Il possesso è un orgasmo, l'uso è l'amplesso che si può saltare a piè pari.
E le donne ,bellissime e tristi, incapaci di personalizzarsi se non di riflesso.

Questo novus ordo seclorum  è stato adottato da tutti i russi sparsi nel mondo nelle Little Moscow-dove domina   lusso e nient'altro- e  va a gonfie vele.
Quello che ritengo esilarante è che questi barbari, che si riconoscono come se fossero etichettati, non hanno la minima cognizione di quanto si perdano credendo che le mazzette che esportano li rendano dei nuovi magisteres elegantiae, dei gourmandes, dei raffinati, quando in molti non comprendono la differenza tra vino e succo d'uva col metanolo presentata in bottiglia Sassicaia.
Cosa è possibile perscrutare in questa controrivoluzione?
Dove è finita la dissoluta eleganza de 'il Giocatore' di Dostojevskj?
E l'affabilità russa, che si nutre di bellezza, vita sociale, arte e teatro, soffusamente seduttrice e morbidamente depravata?
Dire 'lavaggio del cervello', come fanno in molti mi pare semplicistico.
Cosa si nasconde antropologicamente dietro questa tristezza ?
Da nulla ad avere tutto, per questo sono diventati sterminatamente infelici ed incapaci di godere della vita?
Perché i russi non sanno vivere il momento, non conoscono il profondo stato di grazia di un tramonto, di una o molte belle donne, di una lunga vacanza, di un nuovo gusto scoperto dal palato.
Sono disperatamente tristi, sempre in attesa del momento successivo.

E mentre ripenso al pranzo di Stepan Arkadic', alla minestra à La Maria Louise, ai minuscoli vol-au-vent, ai due camerieri in cravatta bianca, alla tavola con gli antipasti, sei qualità di vodka e altrettanti formaggi con palettine d'argento, mi viene in mente una bellissima moscovita scesa da una specie di portaerei che, triste come un ciliegio in autunno, bevendo champagne, scavava con le belle unghie lunghe  e finte da una forma di Parmigiano.
Non ho una risposta.









sabato 5 aprile 2014

'Nessun confine'

Il viaggio in solitaria è la massima espressione della nostra libertà individuale.
E' una pagina bianca,  offre l'opportunità di scegliere quali saranno le storie da raccontare.
La mia prima esplorazione  nel 1988 per mezzo del famoso Interail.
Unico aggancio,  un gruppo di svedesi che avevo conosciuto a Verbier .
Ad Amsterdam, con il mio Going , mi ritrovai al Kabul, l'ostello per eccellenza, una vera e propria fumeria di skunk ed altro.
Purtroppo niente armadietti, niente sicurezza per lo zaino.
Così vagando, scopro per caso in un piccolo hotel vicino alla stazione.
Molto modesto, ovvio, ma gestito da un indiano che non potrò mai dimenticare, Poltu : alto come un bambino e con la voce da bambino.
Di fronte al piccolo hotel,una palazzina abitata da studenti olandesi.
La sera ci riunivamo tutti per strada, a bere e a fumare.
A Copenaghen dormii per una settimana nell'appartamento del ragazzo di un 'amica, il palazzo vuoto, le prime notti il sonno un po' inquieto per quell'isolamento sinistro.
 Poi Stoccolma, di cui cito solo un episodio: festa in un country club, con i due amici di Verbier, un terzo e il quarto cui era toccato lo stecchino corto: guidare, quindi non bere.
Oslo con il traghetto delle sbornie e poi il rientro, passando per Amburgo, Acquisgrana e Basilea.
Mi piacque e come la sventurata '' replicai ''.
Adesso non mi capita più di vederne nelle stazioni, ma  ero tra quelli che trovando un bel posto comodo, anche per terra, dove sistemarsi con stuoia e sacco a pelo,  faceva i salti di gioia.
Questo modo  di viaggiare finisce quando determinate situazioni non sono più la normalità ma diventano sacrificio e generano nervosismo.
Fino ad oltre 30 anni mi sono mossa così, concedendomi saltuariamente qualche vizio, una singola in un ostello oppure una notte in un bel resort con tanto di massaggio.
Credo che questo tipo di viaggio ci regali disinvoltura, agilità, anche se talvolta mi rendo conto di aver trasceso in sconsideratezza, tralasciando l'eventualità di situazioni pericolose .
Solo una volta ho avuto paura e per assurdo ero ben locata e ben sicura.
Il viaggio in solitaria esula dalla cristallizzazione nei medesimi ruoli che vengono a crearsi reiterando  medesime destinazioni, dove ogni soggetto ha il suo posto e ruolo definito e immutabile.
Oltremodo si discosta dal viaggio a due, o a tre, in cui di qualsiasi grado sia l'indipendenza stabilita tra i soggetti, esiste comunque un legaccio obbligatorio:se ti ferisci o stai male i tuoi amici o il compagno di viaggio non possono, eticamente, lasciarti solo e viceversa.
La solitudine invece è anche questo ed è un ottimo sistema per imparare a scacciare le mosche dal naso e per lasciare i capricci a casa.
Certo è che la vacanza da singolo è sincrona all'affinarsi ,anzi al rinnovarsi, del nostro fiuto.
Capita di provare un 'engoument' per qualcuno, fino a che non si scopre che è una grandissima sòla.
Questi soggetti si riconoscono da un'ostentazione pesante delle loro particolari abilità e conoscenze: finchè non ti accorgi che raccontano balle o che cercano di spillarti soldi.
Al contrario, capita di incontrare  persone che il destino benevolmente ha messo sul nostro cammino.
Mi è successo ieri.
Ho preso un taxi che mi portasse a destinazione 47$ ( no bus, purtroppo, ancora favorevole ai mezzi pubblici specialmente se ben operativi).
Due signore arrivano verso l'ora di pranzo.
Si sistemano con le loro seggioline, il  loro ombrellone.
Iniziamo a chiacchierare, perchè avevo visto un piccolo -veramente piccolo-squaletto proprio a riva.
Sono entrambe venezuelane, sulla sessantina.
Ecco queste due deliziose signore, oltre ad avermi offerto degli snack , mi hanno invitato a riaccompagnarmi in hotel.
Ed abitavano entrambe da tutt'altra parte.
Ci siamo scambiate tutti i contatti e ci vedremo oggi a colazione con le loro famiglie.
Probabilmente se fossi stata con un amica non sarebbe accaduto.
Perché saremmo state rintanate nella nostra età, nella nostra italianità: chi se le sarebbe filate due signorotte tranquille che se ne stanno sedute in poltroncina a mangiarsi fritos e che fanno il classico 'mezzo bagno '?
 Infine la pillola necessaria da assumere per una felice vacanza in solitudine è quella che contiene una buona dose di contavveleno alle nostre critiche interiori verso le abitudini del paese che si visita, crogiolandosi nell'ozio, correndo come locomotive, ma senza addurre paragoni.

Finchè non si prova non è possibile avere  idea, neanche a cercarla col lumicino, di quanto giovi al complicato congegno che è la nostra anima.