sabato 30 agosto 2014

' FEISBUKICENT'







C'era una volta un bellissimo posto chiamato FB.

Lì, con pochi tocchi di dita, digitando un nome, ti ricongiungevi con l'amico lontano.

Mettevano radici i teneri virgulti di amicizie appena sbocciate, restavi connesso gratuitamente con gli amici più cari per condividere musica, scherzi e curiosità della rete.

Nel frattempo si abbattevano le riserve verso l'estraneo, a cui aprivi la porta con il sorriso di benvenuto  per l' ospite sconosciuto ma gradito.

Tutto questo accadeva quando decisi di affidare con molte riserve il mio nome alla rete e per i primi tempi è stato divertente.

Lo sarebbe anche oggi, se non esistessero soggetti che hanno trasformato il gioco in una guerriglia, lo scambio di opinioni in attacchi e rappresaglie, in intrattenimento denigratorio.

Si sono create, via via, delle vere e proprie corporazioni, come furono un tempo quelle della lana e della seta, dei vinattieri e dei tintori.

Però queste sono molto più simili a congreghe di fattucchiere di campagna, quelle che usavano strofinare l'erzgot nelle parti intime ed ottenere dall'allucinogeno stillato nei recessi l'allucinazione del volo.

Chi vuol cogliere l'allegoria la colga.

Questi soggetti, maschili, femminili, neutri si contraddistinguono principalmente per due

interazioni: la quantità enorme di contatti da loro stessa ricercata e l'immediata rimozione del contatto in caso quest'ultimo contravvenga  al loro codice, sacro e inviolabile.

Ora, proviamo per un attimo a trasferirci tutti ad un tavolo, anziché di fronte ad un computer.

Sarà capitato a tutti di ritrovarsi seduti per un cauto diner assis et  placé tra estranei ed intavolare una discussione che esuli da argomenti noti e comuni.

Ritrovarsi a confrontare convinzioni differenti nell'ambito soffuso ed invitante di un convivio.

Che cosa accadrebbe se non una gigantesca gazzarra alla gallica se i nostri commensali fossero gli stessi tiratori fuori controllo di FB?

Lanci di coltelli e di forchette piuttosto che frecciate maligne e venefiche?

Perché se la loro aggressività  è tale per una divergenza scritta, fredda e lontana, immagino cosa potrebbero combinare se qualcuno inavvertitamente infrangesse il loro codice nella realtà.

Oltre a questo, le persone a cui mi riferisco si dilettano a 'male dicere' dei propri contatti senza fare nomi ma creando la solita noiosissima omertosa catena codificata di allusioni e commenti conditi da emoticons e da onomatopea irrisoria.

'E' una è zoccola...e l'altro è viscido...e quella si è fatta strada so io come...e quello è minorato..' per non parlare delle piccolezze, delle irrisorietà a cui si attaccano pur di esprimere un pensiero avverso e malevolo.

Ma non è noioso stare ad espettorare odio tramite una tastiera? E a che fine?

Perchè i vostri contatti-catenaccio vi diano ragione ed attacchino in minuzioso parossismo chi cerca di esprimere un concetto opposto?

E ancora, siete davvero certi che potete permettervi di criticare la zoccola, il viscido e il minorato?

Non solo non vedo aureole né Nobel, ma neanche qualche nome su Wikipedia, che riporta per dovere di informazione anche quello di Flavia Vento.

Peccare pauci nolunt, nulli nesciunt

martedì 26 agosto 2014

'Sposati ancora, Jen!!!'





Jennifer, sposati.
Facci questo favore, dacci un taglio, allunga il mento più che puoi e arriva all'altare tra migliaia di paparazzi.

Smettila di illudereli mostrando brillocche , pancini sospetti, smettila di dondolarti per mano come Sandy di Grease con Theroux, perché lui, da buon francese, non ama lo strolling all'americana.
In questo caso, la solidarietà femminile viene meno e parte un 'hurrà' per Angelina, che stringe in pugno molto di più del bastone di Maleficent : un Oscar, una carriera diversificata, la presidenza del 'UNHCR, sei creature al seguito, Brad Pitt e sembrava non dare troppa importanza alla ratifica ufficiale dell'unione perché troppo impegnata a fare altro.
Adesso però  Maleficent si è vestita di bianco accompagnata all'altare dalla prole e non oso pensare a quali riti tu ti stia dedicando.

Jennifer, comunque, sei stata fortunata.
Sì perché tu, come Meg Ryan (pace al viso suo!), Sarah Jessica Parker, Kate Hudson, Selena Gomez non sei nata né particolarmente bella ( e hai un bel coraggio a negare i ritocchi!) né dotata.

Kojak ti ha portato fortuna : da vent'anni reciti le stesse commedie, qualcuna carina grazie al resto del cast, come 'Along came Polly' e 'He's not that into you'.
Le altre, via Jennifer, chi se le ricorda?
Hai riprodotto Rachel un 'infinità di volte e continui a farlo.
Ho visto in volo una parte dell'ultimo film dove ti esibisci come spogliarellista e tenti di essere una truffatrice simpatica.
Dopo venti minuti ho iniziato a seguire la tratta dell'aereo sul monitor, che per lo meno mi ha narcotizzata fino all'atterraggio.
Però Jennifer, in molti ti amano.
Hai un patrimonio di oltre 100 milioni di dollari.
Per cinque anni hai avuto Brad Pitt.
E nel riferirmi a lui, sono d'accordo con Shanya Twain che lo citava come maschio modello cantando' So you are Brad Pitt?'
Poi da quando è scappato con la strega non dico tu abbia avuto lo stesso numero di flirts del tuo patrimonio, ma ci sei andata vicino.
Ti hanno dato anche un ruolo sexy, in 'Derailed', hai fatto quello che ad Angelina riesce spontaneo in un intervista, almeno ci hai provato ad essere seducente.

Ma ora basta.. sposati il francese, liberaci dalle commedie dell'equivoco e dalla tua aria da eterna sbadata perché non sei una Marylin né Anne Hathaway né Isla Fisher e neanche le nostre Vitti e Melato, voglio essere  sciovinista per una volta.
E se qualcosa occorresse con le coq Theroux, ne t'inquiètes pas!
Prova a comprarne uno, come una patrizia romana, se credi che col matrimonio si cancellino le vicende passate e che il tuo nome non continui ad essere legato indissolubilmente a Brad Pitt e alla Jolie.
Anche se dopo tutti questi anni, mi domanderei perché continui ad accadere.









lunedì 25 agosto 2014

'Invecchiare stanca'



Amiche ed amici miei, il giorno che mi vedrete espormi pubblicamente in questo modo chiamate un buon psichiatra, un terapeuta dell'anima, un prete, un imam, un rabbino, ma soprattutto congiungetevi attorno a me.
Questa pare veramente Bette Davis as Jane Hudson, che canta ' I've written a letter to daddy..': ma al posto del bourbon si è ingurgitata qualche litro di silicone.
Ora, questa foto mi è capitata per caso e mi ha abbacinata come un ferro rovente. E vi assicuro che la photogallery della gentildonna ne propone di più audaci, talune in minigonna con gambetta ripiegata all'indietro.
D'accordo, i tempi sono cambiati.
Non so se sia dipeso dai vestiti o dalle acconciature, ma vero è che i nostri genitori a vent'anni sembravano avere il doppio della nostra età.
Va bene che ci siamo abituati ai ritocchi, alle signore ( e ai signori...) con zigomi a pomello, labbra africane, setti nasali da gatti persiani,
Va ancora bene che una quarantenne o una cinquantenne, se proprio le va, saltelli da un ragazzino all'altro come se le famose mele non fossero mai maturate.
Va bene vedere signore che si ostinano a portare capelli al girovita e a farsi i codini, infischiandosene del proverbio ' Dietro liceo, davanti museo' (sempre dare retta ai proverbi!).
Ma va bene che appaia questa cerniera aperta?
NO !:perché è indecente e allo stesso tempo ammiccante, avesse avuto il coraggio di ritrarsi nuda  sarebbe stato meglio, perché ad eccezione delle protuberanze che un tempo erano un seno, un corpo nudo non può mentire.
E se  tira su la zip? La pelle si accartoccia come una pergamena e sembrerà una grumosa e aggrinzita  lampreda cruda.
Il nostro corpo cambia, la pelle cambia.
La battaglia contro il tempo è in tutto e per tutto una battaglia contro una malattia terminale  (scusate il paragone scomodo) e rallentare è possibile fino ad un certo punto.
 Purtroppo accade che il ritocco, il tentativo di frenare il tempo diventino non solo una sorta di droga, una necessità fisica, ma pure qualcosa cui alcuni credono di avere diritto.
Ce ne accorgiamo soprattutto nelle palestre o durante i corsi di attività fisica: donne più vecchie- usiamolo questo vocabolo, prendiamoci confidenza-che non riescono a comprendere perché c'è chi riesca a fare tutta un 'ora filata senza battere ciglio.
Ma perché muoversi come fantocci di panno lenci per fare l'ora di aerobica o di zumba?
L'effetto è quello di un esercito di zombies, ben di versi dal corpo di ballo di thriller...
Gli anni scattano nel contachilometri!
La pelle si può tirare ma i polmoni e le ossa no.
E allora perché non prendersi cura di sé rispettando non solo la propria immagine, ma anche il proprio corpo e il proprio cervello?
Perché dar per scontato che tutti gli uomini siano attratti dal turgore ed inorriditi dal tempo che si confessa su un corpo?
Francamente,  e non credo di essere l'unica, non trovo alcun fascino in un ragazzo giovane, ma sento molto più calzante ed attraente l'aspetto di un mio coetaneo o di un uomo più grande di me.
Ci sono uomini che la pensano allo stesso modo, ve lo assicuro.
Non tutti amano farsi vedere nonni di una ragazzina o accompagnatori di un tupet che sovrasta un volto di lattice.
E' possibile trovarsi nel proprio elemento e riuscire ad abbandonare questo accanimento terapeutico che ci vedrà comunque sconfitti (vale anche per gli uomini).
Concludo dicendo che i film cult del terrore che prediligo non sono più 'L'esorcista' né 'Psycho', ma 'Sunset Boulevard' e ' Che fine ha fatto Baby Jane?'.
Vorrei poterli consigliare a tante donne, ma la tentazione di chiome raperonzolesche, selfie con boccuccia e dell'ultimo rinforzino agli zigomi purtroppo ha ancora la meglio...




venerdì 22 agosto 2014

' Il vero trend ? Rovistare nei tuoi vecchi armadi...e in quelli della mamma'





Ad ogni stagione corrisponde un  'must have'.
Le riviste di moda ormai sono alla frutta, diciamocelo, azzardano look che riescono sgraziati anche nelle foto patinate, ritoccate, quasi immaginarie di corpi  adolescenti che non hanno un difetto neanche a volerlo trovare.
Certo, nessuno dice di copiare, ma anche i suggerimenti sono molto azzardati: bomber eco di Stella McCartney, leggins Oviesse, bustier Dolce e Gabbana, pump Louboutin, fascia tennis Lacoste...se uscissi così mi porterebbero via con l'ambulanza, con l'aggravante di non essere neppure comoda e pronta per il reparto in stile clochard.

Le it girls , ce ne sono un paio che veramente sembrano appena uscite da una casa psichiatrica ed altre che osano sfidare l'assideramento o par contre l' ipertermia - si daranno anche da fare a stupire, ma i risultati sono clowneschi anche su trentenni semi perfette, la femminilità è infagottata in rotoli di banconote convertite in accessoriamento griffato, è ridicolizzata da calzettoni e ciabatte da piscina che farebbero impallidire i piedini delle vere divine, quelle che magari se ne andavano anzi scalze perché era molto più comodo...

In spiaggia capitano fra le mani i vari settimanali, dove vengono stilate le fashion hits, le 10 cose che non possono assolutamente mancare nell'armadio invernale 2014-2015, i colori top della prossima stagione fredda...già, i colori.
Una nota rivista propone la lista dei colori: direi che a parte nuances genere vomito de imbriaco, pallore alieno o vestito nuovo dell'imperatore, la tavolozza è quella dei pastelli hachette dei nostri bambini.
E per quanto riguarda  fantasie e tessuti?
Mi pare che siamo alle solite, tutto sdoganato in forme e apparizioni differenti, dall'animalier al mimetico, dal pelosissimo al rasato, dall'essenziale al barocco, dal sobrio al paillettato stile cage aux folles.
Poi pellicce, giubbotti stile aviator, guanti lunghi, cappe, pull  jacquard, total white, total black, stiletti con zeppa, scarpette allacciate alla caviglia che ricordano molto quelle di Ali McGraw in 'Love Story'...insomma, la solita zuppa, più o meno condita, più o meno speziata.
Ma è stato dopo aver visto che c'erano pure farfalle e abiti cinesi che mi sono infilata negli armadi.
E ho visto che era già tutto là.

Ho ritrovato un foulard di Hermes di mia nonna, un tripudio alla crisalide che era prima di chiedere il volo e spiegarsi dal bozzolo, mai messo perché troppo scuro: perfetto! Bordeaux e marrone sono tra i colori trend dell'inverno ( ma va!); una vecchia giacca  da aviatore e stiletti di Ferragamo anni '80 della mamma, un gilet di pelliccia e camoscio di Valentino che usava mia nonna per andare in montagna, un vestito di Shangai Tang, una pochette di Rabanne dimenticata dal mondo in scaglie metalliche rosa (altro colore must, ovvio) , i guanti di pelle di mia nonna comperati quando Gucci era soprattutto l'accessorio da viaggio,due bambù ed una Jackie in pelle blu, distrutta e bella come Kate Moss quando si distruggeva, appunto; il mio maglioncione in lana grezza jacquard di Ralph Lauren, anno di nascita 1988, conservato come all'epoca, quando lo mettevo per uscire di sera, perché a vent'anni si è belli anche intabarrati di lana come fagotti. E molto altro, dimenticato in porta abiti, in scatole e in cassetti che non si aprono mai, inclusi tutti i miei errori del passato più recente, comperati in un impeto e poi mai messi perché troppo stretti, o troppo scomodi o troppo freddi.
Perché purtroppo sono tra quelle a cui piace stare comoda, calda o fresca e massimo con un tacco otto.

Questo non è un invito a boicottare i negozi, ma soltanto un incoraggiamento a non guardare con occhio critico il cappottino di astrakan della nonna, altro must have, perché in generale ciò che è stato fatto bello, bello rimane.
E non buttare mai niente che in cuor suo ci implori di non essere buttato, neanche una maglietta: era il cult dell'estate, no, la maglietta con la scritta?
Ebbene ne ho ritrovata una di quella sacerdotessa che un tempo creava il senza senso o lo slogan da portare scritto sul petto, Katherine Hamnett: una bellissima logora maglietta con una mela verde gigante sul fronte e il logo dei Beatles sul retro.
Non la mettevo da quando avevo 14 anni.
Insomma, cercare bene, provare, accorciare: si può fare!

Ho un amico che ha una bellissima sartoria a Londra, nel cuore nascosto di Belgravia, a due passi da Sloane Street.
Ebbene lui e il suo sarto,Mr Hassan, gentiluomo turco, rimettono in riga vestiti e pellicce vintage ed il risultato è straordinario.
Passano da lì non solo i soliti russi multibodyguardati con gli orli in serie da rivisitare, ma soprattutto una miscellanea di vintagisti estremamente eleganti che Nicola, così si chiama, riesce ad accontentare come i meravigliosi topolini di Cenerentola, aggiungendo là, togliendo un po' qua ....perché il bello resta bello e lui lo sa.

Una botteguccia dove la vera eleganza è datata, ereditata e a volte un po' logora.
Se passate da Londra, 51 Kinnerton Street, vi innamorerete di lui, del negozio, del sarto turco e del giardino nascosto.
E magari vi troverete da Kevin, il pub lì accanto, a bere una birra con un galantissimo Jeremy Irons.





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martedì 12 agosto 2014

'Caro Robin'




Caro Robin,
sarai d'accordo con me che quel R.I.P. più che ad un accorato addio faccia pensare a Jack lo squartatore.
Per questo non ho mai postato né pubblicato né commentato la scomparsa di una persona.
Perché la morte è qualcosa di intimo, di doloroso che non può essere accompagnato da un R.I.P. e da una sequela di emoticons con lacrimucce.
Tu, caro Robin, sei arrivato su un uovo da Ork con quelle bretelle assurde e ci hai fatti innamorare come in pochi sono riusciti a farlo.
Ma non sei stato una meteora extraterrestre, hai cavalcato il cinema a pelo, rivolgendoti a percorsi diversi senza mai essere disarcionato.
Ci hanno provato, ti hanno messo in un angolo, perché nonostante il twit di Obama sia stato più veloce del tuo uovo, agli americani non piacciono gli attori scomodi, quelli che non si schierano ma sono semplicemente contro il sistema.
Come te, il capitano che faceva crollare le certezze dei compendi di storia della poetica e della letteratura, che riduceva in brandelli le teorie  che ingabbiavano la mera e folle poesia.
Come il professore che riesce ad addomesticare un genio incapace di comprendere se stesso.
Come Parry che cercando il Graal riesce ad abbracciare un nuovo amore follemente felice.
Adesso, Robin, non voglio elencare tutti gli straordinari caratteri che ti sei cucito addosso, ma mi trovo commossa nel sapere che non vedrò più la tua strana faccia con il forte mento da roditore innocuo e i tuoi occhi scintillanti.
Sei stato troppo a lungo con noi per tornare su Ork, ma forse questo pianeta meritava che tu ti estinguessi come il calore di una vera stella.
Non riposare mai in pace, Robin, noi di certo non lo faremo ascoltando la tua voce e guardando il tuo sorriso comicamente intelligente: quello brillerà per sempre.



lunedì 11 agosto 2014

'Onora il padre e la madre'



Mosè ricevette sul Sinai le tavole dei dieci comandanti, pardon ...comandamenti.
Nel Deuteronomio, 'Onora il padre e la madre' è il quarto comandamento, nell'Esodo è il quinto.
In entrambi i casi, si devono onorare il padre e la madre non perché grazie a loro siamo stati cullati nella dolcezza del grembo materno per nove mesi, la migliore vacanza della vita, né perché ci abbiano accudito e sostenuto.
''Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà.'' (Deut., 5,6 -16).
Questa legge del Grande Fratello che soggiorna nell'empireo, dove si 'puote ciò che si vuole' - e più non dobbiamo dimandare- è alquanto fraintendibile, possibile equivocare, travisare, distorcere il concetto.
Piuttosto oserei collocare questo mandato, questa missiva divina in una tessitura semplice e umana: i nostri genitori sono la massima sintesi del 'prossimo'.

Ma quanto accade in realtà è ben diverso.

I figli debosciati hanno infarcito gli scritti a cominciare dalla famosa parabola del figliol prodigo, che leggendo mi fa  provare una gran pena soprattutto per il vitello che viene sacrificato.

Così come i genitori crudeli, pensiamo al padre padrone di Ledda o all'inadeguatezza a procreare dello straordinario Jude di Hardy.

Ma da figlia, mi ritrovo a vedere la versione dalla mia sponda.
E per una volta voglio trascinare il racconto a livello personale.

Sono nata per caso, come Gesù Bambino, con la differenza che i miei genitori, iscritti all'anagrafe, avevano ben chiara la spiegazione del mio imminente arrivo, senza che ci fossero angeli annunciatori.
La mia venuta è stata una gioia, credo perfino di ricordarlo, o forse sono le foto che mi rimandano ad un passato che ho succhiato come latte materno.

Ma poi le foto non sono più vaghe e riesco bene a mettere a fuoco i ricordi.

La mia prima paura non è stata né il buio, non sono stati i cani, il diavolo né l'acqua profonda.
La mia prima paura è stata credere che mio padre uccidesse mia madre.
Non fraintendete. Erano ' un sacco de bbotte'- come dice Albertone dopo la maestosa scena sulla spiaggia di Sabaudia.
Forse qualcuno che ha assistito a quel sacco de bbotte da bambino potrà capirmi: non capisci che è una zuffa, non capisci che si faranno male ma non troppo.
Pensi che il più debole muoia.
Urli perché smettano, piangi, ma loro continuano, fino alla tregua, assurda, perché poi il giorno dopo è come se niente fosse.
Tra me e me pregavo quel Dio dei comandamenti, sentendo alzarsi i toni, 'Fa che non si picchino'.
Qualche volta, fortunatamente, mi ha ascoltata.
Nel frattempo crescevo, terrorizzata da una casa inquieta, innamorata di una madre che ricambiava il mio stesso sentimento.
Col padre, al contrario, la situazione stava mutando.
Iniziavo ad avere una mia valutazione privata.
A sentire la sua inadeguatezza.
Notavo come durante le sue assenze prolungate la mia vita fosse più serena.
Nella mia mente di bambina iniziava a circolare l'idea che mia madre, per tenere salda la famiglia, cercasse di tenere nascosta la stupidità di mio padre con la sua intelligenza protettiva.
Perché si accorgeva dei sintomi eversivi e degli atteggiamenti scettici che iniziavo a nutrire verso quell'uomo.
Eppure ero molto piccola, forse otto anni.
Ma dai bambini c'è da aspettarsi di tutto, per questo fanno paura.
Le amanti abbondavano, mentre non c'era traccia di gioia né di stabilità nella famiglia.
Le sue vacanze erano con gli amici.
Il rispetto per la moglie e conseguentemente per me era in depressione ascensionale.
E mentre tra la delizia delle mure domestiche si aprivano le tende su  un altro dramma,(non ne parlo), caricato principalmente sulle spalle di questa 'ottenne' che viveva tra l'innocenza della classe e i pomeriggi dalle amiche e i farneticamenti e le pazzie domestiche, arrivava la prima separazione.
Io e mia madre da sole, la beatitudine.
Ma ogni sera, la falsificazione dello stato 'separati', annunciata da un 'accellerata nel viale di casa, dalla scampanellata e dall'immancabile 'Elena!', urlato dal giardino.
Più presente di prima o quasi, ogni sera a verificare che mia madre non avesse avuto l'intenzione di uscire o di accogliere sconosciuti alla porta.
Nel frattempo, ci sono le serate in cui il padre mi portava fuori.
Una settimana di fine estate sono stata la sua compagnia per tre sere di seguito.
Per tre sere di seguito, in tre ristoranti diversi, si siede accanto a noi una donna, la stessa, ovvio.
Ho otto anni, sono bassina ma non sono scema.
E allora inizio a chiedermi se debba o meno onorare un uomo che mi ha fatto conoscere la paura, che ha fatto appassire il fiore che era mia madre, che non resiste tre sere con la figlia a cena senza far venire l'amante negli stessi ristoranti.
E poi continua a voler essere il detentore assoluto della casa e riesce a tornarci, un grande dolore per me.
Perché so che ricominceranno gli inferni.
Così è stato, fino al 1979, quando saltò fuori che 'la bellissima ragazza di Torino'- ipse dixit anche fiero- con cui intratteneva una relazione mio padre, era una sedicenne, sei anni più della sottoscritta.
La stessa che si portò in casa mentre mia madre stava ferma in un letto con una condanna a morte nascosta e che lo implorava per avere un lampadario che, naturalmente, è stato restituito a posteriori.
Adesso non voglio annoiare nessuno con altri trent'anni di faide.
Negli ultimi giorni, forse spinto da quella stessa autocoercizione che da sempre gli fa credere di essere nel giusto, per un puntiglio con questa figlia irremovibile e forte di non aver mai provato la debolezza di un amore romantico, com'è naturale, non ha voluto compiere un gesto rispettoso nei confronti di quella che è stata sua moglie per quasi tredici anni.
Mia madre ha perso tempo cercando di addestrarlo, non io.
Ma non chiedetemi di onorare quest'uomo: posso tutt'al più ignorarlo.



martedì 5 agosto 2014

'Stop selfing while pouting'


Dall'ONU, un accorato appello.
'STOP SELFING WHILE POUTING!'
Smettete di farvi selfies facendo boccuccia!
La supplica è rivolta a ragazzine emule di Miley ed altri prodotti della fucina Disney; ma non solo.
Anche alle donne adulte e agli uomini che hanno problemi con le proprie sicurezze.
L'ONU chiede anche di non esagerare con il Photoshop, perché il pericolo che incorriate nella sindrome PCSY (Photoshop compulsive syndrome) sta raggiungendo i livelli di dipendenza da filler. Ma soprattutto rischiate che per strada non vi riconoscano.
Consiglio? Abbiate coraggio e mostratevi come mamma vi ha fatto.
Anche nudi.
Dove c'è spontaneità non può esserci indecenza.